Neuro-paesaggi digitali. Intervista a Tony D Sampson (Rizonomia, RZN002) :: Out soon in Italian

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It looks so much better in Italian than English. Due end of this week.

Rizosfera:: Neuro-paesaggi digitali. Intervista a Tony D Sampson (Rizonomia, RZN002) :: Out soon in Italian language…

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Q&A 1 :: “Ricordo che io e Jussi Parikka immaginavamo, scherzando, “The Spam Book” come un’antitesi di “Road Ahead” di Bill Gates, ma la nostra prospettiva del lato oscuro non era tanto quella di un lato negativo e «malvagio». Ci siamo focalizzati su oggetti digitali che altrimenti erano oscurati dai discorsi sulla sicurezza e sul panico epidemiologico che li rendevano «malvagi». Dunque la nostra introduzione, in realtà, mirava a sfidare questa discorsività degli oggetti malvagi; questi sono oggetti anomali ed eventi che sembrano turbare le norme dei network corporate. Stavamo cercando anche di allontanarci dalla sintassi linguistica del virus biologico, che ha definito al tempo gran parte del dibattito sul contagio digitale, intrappolando l’anomalia digitale nella metafora biologica dell’epidemiologia e del neo-darwinismo. E’ qualcosa a cui ho cercato di restare fedele in tutto quello che ho scritto in materia di virus, anche se credo che in “The Spam Book”, per certi versi, abbiamo fatto ricorso comunque alla metafora biologica. Nonostante ciò, abbiamo cercato di capovolgerla, anzichè porre l’accento sugli elementi più maligni (spam, virus e worm) come minacce anomale, abbiamo guardato alla topologia virale della rete in termini di horror autodistruttivo o di autoimmunità. In altre parole, la stessa rete che viene concepita per condividere informazioni diventa un vettore di contagio autodistruttivo. Ma, al di là di questo, l’anomalia è anche costitutiva della cultura di rete. Per esempio, il virus informatico stabilisce cosa puoi e non puoi fare su una rete. In un testo successivo abbiamo anche affrontato i modi in cui la scrittura di spam e virus aveva condizionato le pratiche di marketing online. In questo contesto eravamo interessati al potenziale della topologia virale dell’incidente. “Digital Contagions” di Jussi si rifaceva al rovesciamento di significato insito nell’incidente binario di Virilio; mentre io mi occupavo, in un articolo su “Transformations”, di topologie incidentali. Entrambi stavamo tentando di prendere le distanze dai principali schieramenti sorti all’interno del dibattito – per esempio: le meraviglie della condivisione online contro i rischi degli spam – e volgere invece la nostra attenzione alle capacità vettoriali delle reti digitali in cui prosperavano vari incidenti.” (…)

Q&A 3 :: (…) Nel Regno Unito stiamo ancora discutendo su quale tipo di distopia stiamo vivendo: 1984 o Brave New World? Quindi è buffo che qualcuno abbia definito il mio libro come un romanzo distopico. “Sicuramente tutte queste cose terribili non sono ancora successe, no?” “E’ solo un monito su dove potremmo finire in futuro.” Non ne sono così sicuro. Cito alcuni romanzi che hanno ispirato la società del controllo di Deleuze, ma per molti versi credo di aver sottovalutato quanto le cose siano davvero peggiorate.

E’ un panorama complesso, ma stanno emergendo alcune trame familiari. Lo spostamento populista delle masse verso destra è stato in parte visto come una reazione di classe alle vecchie élite neoliberali e alla loro economia contraddistinta da bassi salari e da grandi ricchezze per pochi. Abbiamo sperimentato questa ricaduta anche qui nel Regno Unito con la Brexit. Alcuni elementi della classe operaia sembravano tifare con veemenza per Farage. Brexit è stato, forse, un efficace virus fabbricato sull’emotività. Sicuramente ha scatenato un certo tipo di incoscienza politica, andando ad attingere ad un orribile mix di nazionalismo e razzismo sotto quello che sembrava uno slogan emancipante, anche se in ultima analisi si è rivelato oppressivo: “Riprendiamoci il nostro paese”. Infatti, i dati mostrano che sui social media sono stati condivisi molti più messaggi per il “Leave” che per il “Remain”.

Tuttavia, quelli che si sono affrettati a scaricare la colpa su una classe operaia bianca sonnambula che si sarebbe riunita contro l’élite neoliberale, hanno interpretato male ciò che è successo. Brexit ha rappresentato un’ampia attrattiva emotiva per tutti quei nazionalisti delusi, appartenenti a qualsiasi classe sociale, che temevano che il paese avesse perso la sua identità, a causa del libero movimento di persone. Questa accelerazione verso destra è stata, ovviamente, manovrata dai raggiri di una sospetta coalizione globale di politici fascisti e capitalisti – élite come Farage, Johnson e Gove qui, e gli «sturloni» di Trump negli USA.

Cosa possiamo imparare dal ruolo che i media digitali hanno giocato in questo raggiro? Stiamo già imparando molto di più sull’azione delle «bolle di filtraggio» che propagano queste suggestioni tendenziose – fake news comprese, ovviamente. Dobbiamo anche prestare maggiore attenzione a ciò che riguarda le tecniche di condizionamento dei comportamenti sviluppati dalla Cambridge Analytica e a quel network di destra che connette coalizioni globali sinistre al miliardario americano Robert Mercer. Evidentemente, chi afferma che l’analisi comportamentale di dati personali raccolti attraverso i social media possa portare alla manipolazione di masse, probabilmente esagera; tuttavia, queste manipolazioni potrebbero influenzare in modo ridotto e mirato, e portare a qualcosa di più grande. I teorici digitali dovrebbero concentrarsi anche sull’efficacia del supporto che Trump dà ai bot di Twitter, e agli effetti della rozza schiettezza senza filtro di Trump su Twitter.

Però non possiamo ignorare gli incidenti di tale influenza. Di recente, mi sto chiedendo se stiamo assistendo a una svolta negli eventi. Certamente qui nel Regno Unito, dopo le elezioni politiche, UKIP appare come una forza politica esausta, almeno per ora. Il Partito Nazionalista Inglese è collassato. I Tories ne escono estremamente indeboliti. Se da un lato non possiamo ignorare l’aumento del numero di crimini d’odio estremi commessi da simpatizzanti dell’estrema destra, dall’altro nonostante si fosse sull’orlo della disperazione e molti sentissero un dolore insopportabile, c’è di nuovo speranza. “Riprendiamoci il nostro paese” è stato sostituito dal nuovo speranzoso tormentone “Oh Jeremy Corbyn!”.

Si possono fare alcuni paragoni con l’inaspettata vittoria elettorale di Obama. Una buona parte dell’affetto per Obama nacque da piccoli post emotivi sui social media. Analogamente, la recente carriera politica di Corbyn è emersa da una serie di eventi quasi accidentali, a partire dalla sua elezione come leader del partito fino all’ultimo risultato elettorale. La stessa cosa riguarda l’opinione pubblica e il modo in cui si pone verso l’austerity: essa appare ora capovolta, mentre prima sembrava inconsciamente a favore dell’auto-sopraffazione. L’incendio shock della Grenfell Tower pare aver avuto sulla austerity dei conservatori lo stesso impatto che l’uragano Katrina ebbe sul poco comprensivo G.W. Bush.

E’ interessante come la campagna di Corbyn sia riuscita a cavalcare l’onda dell’opinione dei social media con alcuni messaggi edificanti e positivi costruiti su idee programmatiche, al contrario dell’allarmismo della destra. I Tories hanno speso un milione di sterline in pubblicità negativa su Facebook, mentre il Labour si concentrava sul produrre video positivi, motivanti e condivisibili. Lo slancio è poi arrivato anche da programmatori, designer, ingegneri UI/UX che lavoravano su app; loro hanno galvanizzato il supporto sul campo. (…)

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